segunda-feira, 22 de junho de 2009

Padre Pio e Escrivà de Balaguer refrattari al Novus Ordo? Nuove prove.
























Sul blog del vaticanista Luigi Accattoli è apparso un interessante post che fa il punto degli assunti di campo tradizionalista per cui S. Padre Pio avrebbe mostrato contrarietà alla Nuova Messa, chiedendo al Papa Paolo VI dispensa per poter continuare a celebrare col vetus ordo. Il discorso poi si allarga all'analoga posizione di S. Escrivà de Balaguer, fondatore dell'Opus Dei e Accattoli sul punto aggiunge informazioni sue proprie, raccolte da testimoni. Precisiamo in limine che noi, benché tradizionalisti e quindi certamente confortati dall'idea che questi grandi santi condividessero le nostre stesse concezioni liturgiche, non abbiamo una tesi in merito da far valere. In altri termini: siamo sinceramente interessati a scoprire di più sulla questione, senza una nostra idea preconcetta sul punto; anzi, semmai, con una punta di scetticismo, non avendo fino ad ora trovato conferme documentali. Come si dice, amicus Plato, sed magis amica veritas. Salutiamo quindi con molto interesse quanto scrive Accattoli che, muovendosi tra l'altro da posizioni assai critiche delle asserzioni di campo tradizionalista, fornisce informazioni concrete e documentali, aggiungendovi anche la propria diretta testimonianza. Riportiamo quindi i punti più interessanti del ipost ndicato e dei commenti allo stesso. Le sottolineature sono nostre.

Continua a girare nella Rete – che è la prateria di tutte le bufale – la leggenda di Padre Pio che rifiuta il nuovo messale e continua a celebrare in latino perché “acerrimo oppositore del Concilio”. Questa bufala è venuta a scornare più volte nel mio blog e dunque ho deciso di prenderla per le corna e ora do conto del risultato della “verifica” condotta con l’aiuto di Stefano Campanella portavoce del santuario di San Giovanni Rotondo e di fr. Luciano Lotti, custode dell’Archivio di Padre Pio. All’obiezione che Padre Pio non poteva rifiutare il nuovo messale, perché promulgato sei mesi dopo la sua morte, i guardiani della bufala rispondono affermando che in previsione del nuovo rito il Padre scrisse a Paolo VI per chiedergli di esserne dispensato e di poter continuare a celebrare con il vecchio messale e aggiungono che la “dispensa” gli fu portata dal cardinale Bacci, con il quale il Padre avrebbe sfogato la sua contrarietà al Vaticano II con le parole «Per pietà, mettete fine rapidamente al Concilio». Nulla di ciò è nelle fonti. Il cardinale Bacci va a San Giovanni Rotondo ma non è latore della “dispensa” che il Padre chiederà dieci mesi dopo quella visita. La richiesta è motivata non dalla contrarietà alle innovazioni ma dalla debolezza della vista che gli impedisce di leggere i nuovi testi mentre i vecchi li conosce a memoria. Nei documenti non c’è traccia del presunto atteggiamento di contrarietà al Concilio, vi sono anzi elementi di accoglienza, comprese le novità liturgiche.

Il cardinale Bacci fa visita a Padre Pio il primo aprile 1964. A seguito dell’introduzione nella “messa con il popolo” di alcune parti da leggere in italiano, su sollecitazione del Padre il 17 febbraio 1965 il guardiano del Convento, padre Carmelo da San Giovanni in Galdo, scrive al cardinale Ottaviani facendo presente che “Padre Pio ha 78 anni, ha la vista indebolita ed è sofferente per la vita di lavoro che conduce e per le altre sofferenze a tutti note”; per queste ragioni chiede “che la Santa Messa da lui celebrata tutte le mattine ad orario inconsueto – 4,30 circa – e cioè due ore prima delle messe ad orario solite a celebrarsi nel nostro Santuario, venga considerata come messa privata e come tale esente dalle norme concernenti la messa con partecipazione di popolo; fermo restando l’aggiornamento a l’uniformità per le altre cerimonie da osservarsi nelle messe private”. Così è documentato nella Positio della causa, vol. III/1, p. 753. La lettera di risposta positiva del cardinale Ottaviani porta la data del 20 febbraio 1965 (Ivi, p. 754). Non c’è traccia, nei documenti, di alcuna frase di Padre Pio contro il Concilio. Anzi, dalla lettera del guardiano si apprende che la dispensa riguardava solo la lingua (a causa della “vista indebolita” che impediva a Padre Pio di leggere i nuovi testi, mentre quelli in latino li conosceva a memoria), ma Padre Pio osservò le altre norme liturgiche venute con il Concilio, come si può vedere dalle immagini delle Messe celebrate sulla mensa rivolta al popolo (il filmato della cosiddetta “ultima messa di Padre Pio”, celebrata il giorno precedente la morte, lo mostra rivolto al popolo e propongono immagini e audio del diacono e del suddiacono che leggono il Vangelo e l’epistola in italiano). La stessa ragione aveva indotto già nel 1961 il Padre a chiedere la dispensa dalla recita del breviario, sostituito con quella del rosario. Inoltre nella lettera famosa di Padre Pio a Paolo VI a sostegno dell’Humanae vitae si legge: “L’Ordine dei cappuccini è stato sempre in prima linea nell’amore, fedeltà, obbedienza e devozione alla sede apostolica; prego il Signore che tale rimanga e continui nella sua tradizione di serietà e austerità religiosa, povertà evangelica, osservanza fedele della regola e delle costituzioni, pur rinnovandosi nella vitalità e nello spirito interiore, secondo le direttive del Concilio Vaticano II” (Epistolario IV, p. 12 e 13).


Da questo ben documentato studio emerge dunque che Padre Pio, senza mai prendere posizioni critiche contro il Concilio (ma nemmeno apparendo, aggiungiamo noi, uno dei fautori del suo famoso "spirito"), effettivamente richiese dispensa per poter continuare a celebrare la Messa more antiquo, almeno nelle Messe sine populo. Questo fin dal 1965, allorché fu promulgato il primo Messale postconciliare, quello che ancora poteva definirsi organicamente sviluppato nella Tradizione, pur ammettendo numerose, ma caute, innovazioni suggerite dal Concilio, in primo luogo l'uso della lingua volgare. Accattoli sottolinea molto l'argomento "neutrale" delle difficoltà di vista del Padre. A noi, onestamente, convince poco: Accattoli è un vaticanista e sa meglio di noi come, nella Chiesa, non si possano esprimere con troppa chiarezza le vere ragioni dell'agire: meglio accampare problemi di vista, che scrivere che le innovazioni non piacciono. Perché di quest'ultima motivazione siamo convinti: nel 1965 il Messale era ancora molto simile a quello tridentino (non c'era bisogno di "leggere troppo", quindi, per chi conosceva a memoria le formule tradizionali) né il latino costituiva ancora un problema (solo alcune parti si potevano sostituire col volgare e in modo, ancora, del tutto facoltativo). Ciò detto, che Padre Pio fosse un campione d'obbedienza, è dimostrato da tutta la sua vita, e si adattò quindi alla riforma liturgica (morendo prima, peraltro, che questa portasse agli sbandamenti bugniniani ben noti). Ma la sua preferenza liturgica è più che chiara da quella richiesta di dispensa. Se fosse stato un patito della riforma (come allora erano la gran parte dei preti), pensate si sarebbe fatto problemi di vista?

L'informato Accattoli si sofferma anche sull'altra "leggenda", quella di un Escrivà de Balaguer 'allergico' al nuovo rito. E la conferma, pienamente questa volta. Ecco quanto scrive (in un commento al post citato):


Dice Giuseppe Corigliano - portavoce dell’Opus - che non vi sono fonti scritte sull’argomento, ma c’è un filmato di una “conversazione” del fondatore dell’Opus che ne parla durante un viaggio in America Latina compiuto nel 1974 (un anno prima della morte). Escrivà in quella “parlata” scherza su Alvarlo Del Portillo, che è al suo fianco e dice che don Alvado conosce tante gente, per esempio anche l’arcivescovo Annibale Bugnini (cioè il principale artefice della riforma liturgica). Tra scherzo e serietà riferisce che un giorno Del Portillo incontrando Bugnini gli accenna al fatto che egli - Escrivà - non ama celebrare con il nuovo messale: “non per contestazione del nuovo ma per affetto al vecchio”. L’arcivescovo lo interrompe esclamando: “Non è problema, gli dica di celebrare pure con il vecchio, gli do io la dispensa”. Conclusione: da quel giorno, in privato Escrivà userà sempre il vecchio messale, mentre in pubblico si atterrà al nuovo.

Il caso Escrivà è più appropriato del caso Padre Pio per chi voglia segnalare che anziani e santi sacerdoti trovarono qualche difficoltà a passare al nuovo mesale che arrivò alla fine della loro vita. E’ più appropriato per due motivi: perchè a differenza di Padre Pio - che morendo nel 1968 conobbe solo cambiamenti marginali e ad experimentum della liturgia eucaristica - Escrivà ebbe a che fare con il nuovo messale (che arriva nel 1969-70) e per un poco l’usò, fino alla dispensa; perchè la sua richiesta della dispensa non aveva la motivazione della vista, cui fece appello Padre Pio. Ma va precisato - credo sia decisivo per intendere l’atteggiamento dei due santi - che sia l’uno sia l’altro si attennero alle nuove norme nelle celebrazioni pubbliche. Nel caso di Escrivà va poi aggiunto che volle applicata in pienezza la riforma nell’Opus.