sábado, 19 de junho de 2010

Martin Mosebach: Dopo il Concilio Vaticano II, la maggior parte preti hanno abbandonato il loro abito talare, hanno smesso di celebrare la messa quotidiana e di recitare il breviario quotidiano. La teologia post-conciliare fatto tutto quanto in suo potere per far dimenticare l'immagine tradizionale del prete.

Se la liturgia si ammala, si ammala tutta la Chiesa

Una conversazione con Martin Mosebach.
di Alessandro Goerlach

The European: Personalmente, come valuta i cinque anni in cui Benedetto XVI è stato in carica?

Mosebach: Benedetto XVI si ha scelto la missione più difficile. Vuole guarire le nefaste conseguenze della rivoluzione del '68 nella Chiesa in un modo non-rivoluzionario. Questo papa non è precisamente un papa dittatore. Egli invoca la forza dell'argomento migliore e auspica che la natura della Chiesa sappia superare ciò che è inadeguato per lei se le è fornita una minima forma di assistenza. Questo piano è così sottile che non può essere presentato in dichiarazioni ufficiali, né inteso da una stampa grossolana in modo quasi incredibile. È un piano che mostrerà i suoi effetti solo in futuro - probabilmente solo con chiarezza dopo la morte del papa. Ma già ora siamo in grado di riconoscere il coraggio con cui il papa definisce la riconciliazione oltre i limiti angusti del diritto canonico (attraverso l'integrazione della Chiesa patriottica in Cina, in relazione all’Orrtodossia russa e greca) o dalla rifusione di teologia tradizionale e biblicamente fondata che ci conduce fuori dal vicolo cieco della critica razionalista della Bibbia.

The European: Non è che dobbiamo a prepararci per casi di abusi in istituti cattolici in altri paesi? A suo avviso come dovrebbe reagire a ciò Papa Benedetto?

Mosebach: La Chiesa, naturalmente, deve sempre essere preparata al fatto che singoli educatori possano abusare sessualmente di studenti nelle sue scuole e nei collegi. Questa è la natura delle cose. Ovunque siano istruiti dei bambini, personaggi con inclinazioni pedofile si sono sempre trovati. Dobbiamo chiederci, però, perché proprio negli anni immediatamente seguenti il Concilio Vaticano II si sono verificati tante volte crimini sessuali commessi da sacerdoti. Non c'è modo di evitare l’amara conclusione: l'esperimento di "aggiornamento", l'assimilazione della Chiesa al mondo secolarizzato, è fallito in un modo terribile. Dopo il Concilio Vaticano II, la maggior parte preti hanno abbandonato il loro abito talare, hanno smesso di celebrare la messa quotidiana e di recitare il breviario quotidiano. La teologia post-conciliare fatto tutto quanto in suo potere per far dimenticare l'immagine tradizionale del prete. Tutte le istituzioni sono state chiamate a rispondere su quale aiuto avessero dato al sacerdote nella sua vita solitaria e difficile. Dovremmo essere stupiti se molti sacerdoti in questi anni hanno potuto non considerarsi più sacerdoti in modo tradizionale? La disciplina del clero che è stata deliberatamente eliminata in gran parte era stata formulata dal Concilio di Trento. A quel tempo l’urgenza era anche di resistere alla corruzione del clero e di risvegliare la coscienza della santità del sacerdozio. È bello che i capi della Chiesa chiedano perdono alle vittime di un abuso, ma sarà ancora più importante se stringeranno le redini della disciplina, nel senso del Concilio di Trento e di un ritorno al sacerdozio della Tradizione cattolica.

The European: Come sarà la Chiesa cattolica che Benedetto un giorno lascerà dietro di sé?

Mosebach: Ci auguriamo che questo Papa possa percepire da se stesso le prime manifestazioni di una guarigione della Chiesa. Ma questo Papa è così modesto e privo di vanità, che difficilmente vedrà tali barlumi come il risultato delle proprie azioni. Io credo che lui vuole risparmiare il suo successore ingrate ma ancora necessarie fatiche, assumendole egli stesso. Speriamo che questo successore utilizzerà la grande opportunità che Benedetto ha creato per lui.

The European: La "riforma della liturgia" ha modificato radicalmente la Chiesa cattolica - in che modo?

Mosebach: Gli interventi di Paolo VI su una liturgia più di 1500 anni sono chiamati solo "riforma della liturgia." In realtà si trattava di una rivoluzione che non è stata autorizzata dalla direttiva del Concilio Vaticano II di rivedere "dolcemente" i libri liturgici. La "riforma liturgica" ha incentrato sull'uomo una celebrazione che era stata orientata negli ultimi duemila anni all’adorazione di Dio. È stato così minato il sacerdozio e si è oscurato in gran parte la dottrina della Chiesa sui sacramenti.

The European: Alla fine degli anni Sessanta ci furono numerose scosse: la rivoluzione culturale in Cina, la Primavera di Praga in Cecoslovacchia, le rivolte degli studenti qui a casa, la guerra del Vietnam - e il Concilio Vaticano II. Possiamo considerare tutti questi sconvolgimenti in uno stesso contesto?

Mosebach: Il 1968 è, a mio parere, un fenomeno che non è stato ancora sufficientemente compreso. Qui in Germania ci piace dilettatarci, in questo contesto, con i ricordi felici di comuni e di battaglie circa la giusta interpretazione di Marx. In realtà, il 1968 è un "anno assiale" della storia, con i movimenti anti-tradizionalisti in tutto il mondo che sono solo in apparenza completamente separati l'uno dall'altro. Sono convinto che, quando si potranno vedere con una sufficiente distanza, la rivoluzione culturale cinese e la riforma liturgica romana saranno intese come strettamente correlate.

The European: Papa Benedetto XVI ha partecipato a questo sconvolgimento come teologo del Concilio. Come intende il suo odierno impegno per rilanciare i singoli elementi liturgici della Chiesa pre-conciliare?

Mosebach: Benedetto XVI vede come uno dei suoi compiti principali rendere l'essenza della Chiesa più chiaramente visibile - per i cattolici, e quindi anche per i non cattolici. Il Papa sa che la Chiesa è indissolubilmente legata alla sua tradizione. Chiesa e rivoluzione sono contraddizioni inconciliabili. Egli cerca di intervenire dove l’immagine della Chiesa è stata distorta attraverso una rottura radicale con il passato. Ora la Chiesa, come il suo Fondatore, ha esattamente due nature: storico e eterna. Non può dimenticare da dove è venuta e non può dimenticare dove sta andando. Specialmente la Chiesa in Occidente ha problemi con questo. Non ha più alcuna percezione per la sua evoluzione storica organica né per la sua vita nell'eternità.

The European: La reintroduzione del vecchio rito ha permesso di nuovo la preghiera per la conversione degli ebrei, come era in uso prima del Concilio. È stato un passo giusto?

Mosebach: Quando la liturgia organica è stato consentito di nuovo (era stata soppressa, molto spesso violentemente, sotto Paolo VI), così è stato anche per la preghiera per la conversione degli ebrei, ancora una volta ammessa nel libro liturgico ufficiale della Chiesa. Risale al primo cristianesimo e fa parte delle petizioni Venerdì Santo. Questa petizione cristiana, basata sul testo dell’apostolo Paolo, contiene la richiesta che Dio possa liberare gli ebrei dalla "loro cecità" e "sollevare il velo dai loro cuori." Queste espressioni sono apparse al Papa tale da consentire l’equivoco del disprezzo per gli ebrei a causa della storia recente. Perciò egli è intervenuto quando il rito tradizionale è stato autorizzato di nuovo e ha ordinato una nuova formulazione del vecchio rito. Essa chiede inoltre a Dio di portare gli ebrei a Gesù Cristo, ma esclude l'interpretazione di disprezzo per loro. Il Papa è stato condannato perché ha permesso di pregare per la conversione degli ebrei a Gesù Cristo a tutti. Ma può la Chiesa degli ebrei Pietro e Paolo rinunciare a prevedere tale intenzione?

The European: Come valuta il rapporto del Papa con ebrei e Israele?

Mosebach: Benedetto XVI è forse il primo papa dopo Pietro a intendere il cristianesimo così strettamente da fuori del giudaismo. Il suo libro su Gesù rivela in molti passaggi il tentativo di leggere il Nuovo Testamento con gli occhi del Vecchio Testamento. Il rapporto del Papa a ebrei, non è superficiale, politico o frutto di una semplice simpatia derivante da un filosemitismo alla moda, ma è teologico e radicato nella fede. Si ha a volte l'impressione che se Benedetto non fosse un cristiano sarebbe un ebreo. Accusare questo Papa di antisemitismo tradisce ignoranza e incompetenza che dovrebbero escludere uno dal discorso pubblico.

The European: La polemica intorno alla Fraternità Sacerdotale San Pio X non ha prodotto alcun risultato visibile per il Vaticano fino ad ora. A suo avviso che cosa questo gruppo può portare alla Chiesa Cattolica di diverso dal suo amore per la vecchia liturgia?

Mosebach: Oltre la vecchia liturgia? Cosa c'è di più importante per la Chiesa che la liturgia? La liturgia è il corpo della Chiesa. È la fede resa visibile. Se la liturgia si ammala, si ammala tutta la Chiesa. Questo non è un una mera ipotesi, ma una descrizione della situazione attuale. Non si può presentarlo abbastanza drasticamente: la crisi della Chiesa ha reso possibile che il suo più grande tesoro, il suo arcano, sia stato spazzato fuori dal centro fino alla periferia. Alla FSSPX e in particolare al suo fondatore, Mons. Lefebvre, è dovuta la gloria storica di aver conservato per decenni e tenuto in vita questo che è il dono più importante. Perciò la Chiesa deve prima di tutto alla FSSPX gratitudine. Parte di questa gratitudine è quello di lavorare per condurre la FSSPX fuori di tutti i tipi di confusione e di radicalizzazione.

The European: La FSSPX non sembrano essere in direzione Roma.

Mosebach: Nelle discussioni con la FSSPX ciò che è importante è il paziente lavoro di persuasione, come si conviene nelle questioni spirituali. Le discussioni sembrano procedere in un'atmosfera molto buona. Se un giorno riuscirà ad integrare ancora una volta la FSSPX nella piena unità della Chiesa, il papato di Benedetto XVI avrà ottenuto un successo la cui importanza supera di gran lunga il numero dei membri FSSPX.

The European: Il cristianesimo è uno dei fondamenti dell'Europa. In futuro sarà ancora rilevante per il continente?

Mosebach: Il cristianesimo è il fondamento d'Europa - non vedo altro. Tutti i movimenti intellettuali dei tempi moderni, anche quando si oppongono il cristianesimo, devono le loro origini ad esso. Abbiamo anche ricevuto la filosofia antica e l’arte dalle braccia del cristianesimo. Se la società europea dovesse assolutamente allontanarsi dal cristianesimo, ciò significherebbe niente di meno di quanto sarebbe negare se stessa. Ciò che cosa non si riconosce o vuole riconoscere, tuttavia, esiste. La repressione non può essere la base per un futuro di speranza.

The European: Lei è stato in Turchia per un po'. La Turchia arricchirebbe l'Unione europea come membro a pieno titolo o è difficile integrare una terra dominata dall'Islam nella comunità occidentale di valori?

Mosebach: Capirà sicuramente che non posso darle una risposta politica o giuridica. Posso solo constatare che la Turchia - in particolare l'anti-islamica, la modernizzante Turchia - ha avuto enormi difficoltà con le sue minoranze cristiane europee. Fino al 1950 c'era ancora una Costantinopoli con un fortissimo influsso greco. Ma vivere insieme ai cristiani era intollerabile per i turchi moderni così hanno messo fine ad essa. Ora sembrano trovare auspicabile disegno avvicinarsi all'Europa a causa delle preoccupazioni economiche, senza tuttavia alcun ripensamento nella loro politica interna circa la lotta contro i cristiani. Io credo che siamo molto lontani da ciò che lei chiama "l'integrazione nella comunità occidentale di valori".

(Traduzione nostra)


Fonte: The European
 

Chi è Martin Mosebach?
su "Tempi" del 20/09/2007 (n. 38) 
Vito Punzi ne traccia il profilo


 
Non è un lefebvriano, ma anche lui ha accolto come una "buona notizia" il ritorno del messale latino. E in uno dei suoi ultimi saggi pubblicati in Germania (Eresia dell'assenza di forma. La liturgia romana e il suo nemico, Carl Hanser Verlag, Monaco 2007, pp. 251, pubblicato in italiano da Cantagalli nel giugno 2009, n.d.r.), ha difeso "la bellezza" dell'antica liturgia romano-cattolica. Si chiama Martin Mosebach ed è uno degli scrittori contemporanei più importanti di lingua tedesca. Giurista di formazione, è autore di decine di romanzi, sceneggiature, libretti d'opera, saggi sull'arte. Collabora con la Frankfurter Allgemeine Zeitung e nel prossimo ottobre riceverà il massimo premio letterario tedesco, il Büchner-Preis. Di rilievo, tanto per confermare la "dittatura dello scaffale", che non esiste alcuna sua opera tradotta in Italia. Mosebach è convinto che la cattolicità deve «tornare sulla via che la conduce alla riscoperta del Gesù storico». Ed è molto severo rispetto all'epoca postconciliare. Tanto da paragonarla alla guerra iconoclasta consumatasi a Bisanzio nei primi secoli del cristianesimo («Per l'iconoclastia romana affermatasi dopo il Concilio Vaticano II, come presagio, era già stato individuato un nome nel secolo precedente da Dom Prosper Guéranger: l'eresia antiliturgica»). Per queste "scoperte" Mosebach dice di essere debitore ai benedettini dell'abbazia di Fontgombault. Dove lo scrittore ha ritrovato il cuore dell'esperienza cristiana e dove «chi decide di diventare monaco entrando nel monastero di Fontgombault ha negli occhi l'educazione di un singolo uomo: la propria persona». A sostegno della battaglia che papa Ratzinger ha ingaggiato per archiviare l'iconoclastia postconciliarista, nel suo saggio Liturgia è arte Mosebach sostiene che è venuto il tempo che la tradizione torni ad essere "avanguardia". Infatti «ciò che abbiamo colto grazie all'epoca vuota di immagini sacre, priva di spazi sacri e carente di musica sacra, è che la più grande raffigurazione artistica si dà proprio nell'antica liturgia e che, qualora dovesse darsi ancora una volta un'arte religiosa carica di significati, questa non potrà che venire dall'antica liturgia».